I Borsellino: Il Marchesino Dima
Nacque a Cattolica il 12.5.1792 e morì ad Agrigento il 14.2.1868 all’età di 76 anni per l’epidemia del colera, pochi mesi dopo la morte del fratello Francesco anch’esso morto per il colera. – Ebbe una educazione raffinata con istitutori ed anche maestri di musica, come risulta dagli spartiti musicali a lui intestati, presenti ancora in archivio. – Il 31.3.1812 si sposò, a soli venti anni, con la nobile signorina Anna Galifi Sandoval discendente dal Viceré spagnolo ed imparentata con la nobile stirpe dei Carbonaro di Agrigento. In occasione di queste celebri nozze, allo sposino fu dato un adeguato patrimonio: innanzitutto Il feudo di Giardinelli di Cammarata, la cosa più preziosa che avessero i Borsellino. – Nei “fogli antenuziali” del 6.2.1812 i prozii Reverendo Vicario Dima ed il Barone Giovanni, (ancora viventi in quel momento) insieme al Marchese Gaspare donavano allo sposino le loro relative quote “di tutto ed intero il sopradetto feudo con le sue terre aggregate una col titolo di Barone con mero et misto imperio, giurisdizione civile e criminale ed uso, ed esercizio di detta giurisdizione con la creazione di officiali, pertinenze, prerogative, privilegi,…… sotto lo scudo del Verbo Regio etc.”.
Su tale feudo inoltre veniva costituito “un vincolo di fidecommesso primogeniale agnatizio di maniera che estinta la linea del primogenito il feudo dovesse passare al secondogenito, nipoti, pronipoti, posteri e discendenti maschi di maschi agnati in perpetuum con ordine successivo di primogenito in primogenito”
– Mero et misto imperio: locuzione latina che indicava la delega al feudatario dell’esercizio di tutti i poteri: politico, amministrativo, fiscale, militare e giudiziario con l’esclusione della condanna a morte; potere riservato esclusivamente al Re.
– Oltre la terra il Marchesino ebbe anche la casa ad Agrigento e cioè un magnifico Palazzo nel Centro Storico, a due passi da Porta di Ponte (odierna via Atenea) che probabilmente il Marchese Gaspare aveva acquistato per l’occasione dal Vescovo di Agrigento forse con l’intermediazione degli zii alti prelati. Si tratta del medesimo palazzo che oggi appartiene per due terzi a mio fratello Dima, vincolato dalla Soprintendenza come bene di rilevante interesse storico-artistico, menzionato nella “guida rossa” del Touring a pag. 353.
– Nei “fogli antenuziali” sopra menzionati venne anche assegnata “una casa grande per abitazione di essi sposi, esistente in Cattolica quartiere del Rosario” ma figuriamoci se Anna Galifi voleva vivere a Cattolica ritenuta troppo “selvaggia” (In una lettera, parlando della scomodità della vita a Cattolica, scrive: “si tratta piovere ma non diluviare!”).
Presto quindi questa casa venne permutata con il padre, Marchese Gaspare, con l’usufrutto dell’appartamento al secondo piano del palazzo di Via Bandiera (con uso di scuderia e carretteria).
– A Palermo era socio della “Nobile Conversazione di Piazza Bologni” ed in archivio conservo le ricevute dei pagamenti tra il 1853 e 1865. Pagava 10 tarì al mese. Questo circolo pare che sia tra i più antichi in tutta Europa. Era stato fondato nel 1759 e dopo alterne vicende è quello che è diventato l’attuale Circolo Unione di Palermo. C’era un altro circolo dei nobili a Palermo in quell’epoca ed era “La grande conversazione della nobiltà” (fondato nel 1769) che poi diventerà l’attuale Circolo Bellini di cui siamo soci sia io che mio figlio Francesco. I principi palermitani di solito sono soci in ambedue questi circoli che hanno carattere diverso. L’Unione è più mondano e festaiolo e si gioca molto a carte (anche giochi d’azzardo). Il Bellini è più sobrio. Mio padre e suo fratello, Gasparino invece negli anni 20 (al ritorno dalla guerra) erano soci del Circolo Geraci (dal nome del Palazzo Geraci dove aveva sede. Attuale Albergo Centrale), fondato col nome di Nuovo Casino nel 1846. Ignazio Florio ne era Presidente.
– I marchesini quindi vivevano tra Palermo (Via Bandiera) e Agrigento (Via Atenea). Come viaggiavano? Ho la descrizione dettagliata del viaggio di Dumas tra Agrigento e Palermo. Erano viaggi disastrosi sia per la natura delle strade che per i banditi che assaltavano i convogli (soprattutto tra Castronovo e Lercara).
Non credo che i marchesini viaggiassero con le “diligenze” pubbliche. Forse viaggiavano con la propria carrozza accompagnati da una scorta armata a cavallo. Insomma era un’impresa. In una lettera del 1856 Anna Galifi Sandoval, parlando di un suo viaggio ad Agrigento (venendo da Palermo) scrive “venni col vapore e col vapore riparto”. Il che mi fa pensare che ci fosse una regolare linea marittima che collegava le città costiere della Sicilia. Non l’ho mai sentito dire. Approfondire.
– Il Palazzo di Porta di Ponte ad Agrigento nella prima metà dell’Ottocento pieno di mobili ed arredi di gusto raffinato divenne il centro della vita sociale dell’epoca, se è vero, come è vero che il palazzo disponeva di un teatro privato e che erano proverbiali la socievolezza del Marchesino Dima ed il gusto per la vita mondana della marchesina Anna Galifi Sandoval, donna elegante e capricciosa che amava i viaggi e detestava Cattolica.
– Tra gli abituali frequentatori del “salotto” della marchesina si ricorda il famoso artista siracusano Raffaello Politi (di cui si conserva l’epistolario). Quando si scriverà la storia sociale, culturale ed artistica di Agrigento nella prima metà dell’Ottocento, Raffaello Politi rappresenterà certamente la figura centrale per la sua poliedrica attività di pittore, letterato e sovrintendente agli scavi archeologici. E quando si scriverà una monografia su Raffaello Politi risulterà che i Borsellino furono i suoi protettori e mecenati fin da quando questi si trasferì da Siracusa ad Agrigento. E’ probabile che gli illustri ospiti stranieri che venivano ad Agrigento per visitare i templi venissero introdotti dal Politi a palazzo Borsellino. Proprio in quegli anni Alessandro Dumas si fermò ad Agrigento per circa una settimana in casa di Politi (Non c’erano alberghi decenti in quell’epoca ed i pochi viaggiatori stranieri erano comunemente ospitati da civili mecenati o ecclesiastici ospitali).
– E’ da notare che nel settembre 1836 si inaugurava il “Casino Empedocleo” opera del Politi che è anche l’autore della facciata del Palazzo Borsellino con le medesime colonne davanti al teatrino che ancora si vedono al Circolo Empedocleo. – In particolare risulta significativo che subito dopo il famoso soggiorno agrigentino di Alessandro Dumas nel 1835, ospite del Politi, i marchesini Borsellino intraprendessero un viaggio a Parigi con la propria carrozza (cosa molto avventurosa in quell’epoca e comunque talmente straordinaria da venire tramandata attraverso le generazioni). In effetti risulta dalla corrispondenza che i marchesini viaggiavano all’estero.
E per “estero” intendo Roma, Firenze, Venezia etc. Ho trovato in archivio un biglietto indirizzato al Marchesino Dima a Palermo proveniente da Firenze e con una firma che non riesco a decifrare, su carta intestata con stemma e corona marchionale. Lo riporto: “Firenze 22 febbraio 1847 Mio buonissimo e carissimo amico, che cos’è? Che fate voi? Che fa la Marchesa? Non siamo più nulla? Non ci volete più bene? Nella scorsa estate noi abbiamo fatto il viaggio ben lungo di tutta la Germania; ora siamo al solito in Firenze; verso il mese di giugno o luglio saremo con la grazia di Dio in Palermo e verremmo tosto a vedervi ed ho speranza che ci tratterremo a lungo a discernere dei nostri viaggi; ci apparecchieremo ad un altro viaggio in Parigi a rivedere quei nostri belli magazzini, il Palais Royal, i campi elisi ed il passaggio Choisaul e tutte le nostre antiche ,,,,,,,,, e che abiteremo insieme alla strada nuova Sant’Agostino n. 47, albergo dell’ammiragliato.
Dite per me mille e mille cose alla ottima signorina Mimi Cardillo e le rammenterete che noi qui siamo sempre gli stessi e che sia da lontano che da vicino l’ameremo e la rispetteremo semprea ad un modo. Dateci le vostre buone nuove, rappresentate i nostri rispetti alla vostra signora marchesa. Il mio dito saluta il vostro. Amateci quanto noi vi amiamo e con la stessa immutabilità. L’amico vostro obbligatissimo …..segue firma illeggibile” Come si vede, negli anni in cui il fratello Francesco lottava tra usurai, creditori e cause conseguenti la gravosa eredità del padre, Dima discute amabilmente di viaggi con aristocratici fiorentini, conosciuti a quanto pare in occasione del famoso viaggio a Parigi, che pensano ripetere.
– All’inizio del Novecento il palazzo di Porta di Ponte, che ancora oggi presenta un ingresso monumentale sormontato da uno stemma con le armi della famiglia Borsellino (leone rampante in campo d’oro), fu ampiamente rimaneggiato con la costruzione di una nuova ala ove prima sorgeva il teatro. Da vecchie fotografie dell’epoca tuttavia si vede bene l’ingresso del teatro, probabilmente disegnato da Raffaello Politi in stile neoclassico con il colonnato bianco della tipica architettura ottocentesca agrigentina di cui un esempio ancora esistente è l’ingresso del Circolo Empedocleo. Una ulteriore ristrutturazione avvenne nell’immediato secondo dopoguerra in seguito ai gravi danneggiamenti subiti dai bombardamenti aerei.
– Il Marchesino Dima a differenza del padre non era legato ai re Borboni ed ebbe un importante ruolo nei movimenti risorgimentali agrigentini. Risultano infatti suoi collegamenti con il famoso patriota Generale Bianchini, che durante la rivoluzione del 1848 lo nominò, insieme al cugino Marchese Giambertoni, componente della commissione per il reclutamento delle truppe per difendere la rivoluzione. – Nel 1860 muore la moglie Anna Galifi Sandoval che nel suo testamento del 12.2.1860 (Notaio Francesco Paolo Di Chiara di Palermo) lascia erede universale di tutti i suoi beni per quel che riguarda l’usufrutto il marito Dima e per quel che riguarda la proprietà una Opera di Beneficienza della Citta di Girgenti da costituire. Questo Ente verrà costituito con Decreto Reale del 15.6.1870 sotto nome di Orfanotrofio Femminile Borsellino, affidato alla Congregazione di Carità di Agrigento. Questo dette adito ad una serie di liti giudiziarie (dopo la sua morte) tra l’erede universale (mio nonno Dima) e la Congregazione di Carità pro tempore presieduta dal Barone Giudice. Nell’ottocento erano bravissimi ad ingarbugliare le matasse con testamenti lunghi e complicati!
– Il Marchesino Dima aveva fatto un testamento olografo il 22.10.1865, che dette adito ad una lunga serie di cause perché non era stato tenuto conto del fidecommesso legato al feudo di Giardinelli. Praticamente Dima non poteva fare come voleva riguardo quel Feudo perché lo aveva avuto con precisi vincoli. Come vedremo il feudo non poteva darlo al figlio di Giovanni perché toccava ai figli di Francesco. I quali vinsero la causa. In conclusione il Marchesino Dima, senza figli, era molto ricco sia per le sue rendite dal Feudo di Giardinelli di Cammarata sia per le rendite dal ragguardevole patrimonio della moglie. Viveva tra i Palazzi di Agrigento e di Palermo, dove trovava carrozze e servitori, viaggiava all’estero ed era molto infastidito dalle beghe giudiziarie del fratello Francesco che, accettando l’eredità paterna, si era dato carico di sostenere tutte le cause per difendere il patrimonio e l’onore della famiglia. Nei rapporti tra i due fratelli c ‘era molta ipocrisia, come risulta dalla loro corrispondenza e difficilmente il Marchesino Dima rispondeva positivamente al grido di dolore del fratello Francesco nei momenti più difficili della sua vita. Francesco doveva vedersela da solo.
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