“Paesanismo” cronico
di Maurizio MIliziano
Non mi stancherò mai di ripeterlo: questo paese campa di chiacchere. Nessuno sembra aver voglia di affrontare veramente i problemi. Questo paese è vittima di se stesso. Chi è troppo abituato a vivere in questo paese difficilmente si rende conto della cronica situazione in cui versa. L’effetto da “paesanismo” cronico si adagia sugli allori, non ha voglia nè di analizzare i problemi, nè di capire come possano essere risolti. Qualcuno ancora aspetta la manna dal cielo… forse, allora, è meglio rivangare nella memoria. Sembriamo nel paese di Pulcinella in salsa sicula. Dimentichiamo, e lo facciamo perchè siamo accecati dalla superficialità: un catastrofico connubio di pseudo orgoglio da sagra, campanilismo spiccio, overdose di retorica e demagogia, “fettazze” di prosciutto davanti agli occhi, poca voglia di fare e tanta voglia che siano gli altri a fare per noi. L’effetto da “paesanismo” cronico non è diverso da un bambino paffuto che fissa il lecca lecca, prova a scuotere il frigorifero, saltare nella speranza di acchiappare qualcosa. Mentre sarebbe ovvio prendere una sedia, metterci sopra dei libri e costruirsi un percorso in verticale per raggiungere il lecca lecca, finisce che il bambino si stanca, si siede a terra e comincia a sperare che arrivi un soffio di vento a far cadere il lecca lecca a terra. Parliamo di un paese dove chi vuol fare musica, teatro, spazi culturali sono morti e sepolti. Parliamo di un paese dove la sera non c’è nulla da fare, se non girare in continuazione tra i bar. Parliamo di un paese dove chi fa musica o magari a la passione per la pittura, financo scrivere un libro vengano considerati alla stregua dei venditori ambulanti (rispetto per i venditori ambulanti). L’ostracismo allo sviluppo di questo paese sembra quasi essere programmato da anni. La cruda verità è questa. Poi però si lascia l’impressione di aver fatto qualcosa, magari perchè si è preso un buco vicino alla piazza grande (piazza roma), gli si appioppa l’etichetta di “spazio culturale” o “villetta antimafia”; o perchè metto una lapide di fronte chiesa santo spirito (rispetto i caduti di nassirya) peraltro su un’abitazione che sta crollando… Ma in fondo, non è questo che piace “a u cataluchisi”? Cosa c’è di bello che godersi il finto risultato senza aver fatto nulla? Poi però i traditori, quelli che tifano contro, curiosamente diventano prorpio quelli che nel bel mezzo dell’isteria collettiva alzavano un dito per chiedere: “scusate, ma come pensiamo di poterci riuscire in queste condiazioni”? Ma queste parole lasciano il tempo che trovano. L’effetto da “paesanismo” cronico si sfrega le mani leccandosi le labbra, pronto per un altro giro nella giostra del povero cittadino (aggirato) che la politica ha confezionato per lui. Grato per osservazioni e commenti
Forse sarebbe piú pratico se tu, Maurizio, dessi una chiara identificazione dei “problemi” di cui stai parlando e allora, forse, si potrebbe cominciare un dibattito. Il punto comunque rimane e ti chiedo – Dopo averne parlato, cosa si é raggiunto o cosa si vorrebbe raggiungere.
Papa Francesco ha detto in una recente omelia – “… lavoro é dignitá” . Il punto cardine della risoluzione ai “problemi” é dare (creare?) lavoro alle nuove generazioni e allora sI che si potrebbe parlare di un cambiamento (quello vero) nei var tessuti del sociale e non solo di Cattolica.